Genitori perfetti? No, grazie!
Quante volte ci siamo sentiti messi in discussione come genitori da parenti, vicini, specialisti più o meno improvvisati, sulla nostra condotta genitoriale? Quanti dubbi nella nostra mente, affiorati già durante il tragitto dall’ospedale a casa? Farò bene? Sarò capace di crescerlo? In cosa sto sbagliando? La notizia è che nessuno ci consegnerà mai il libretto di istruzioni di quel tenero fagottino appena nato. L’aspetto positivo è che siamo perfettamente in grado di crescerlo al meglio! Siamo nati per questo, ed abbiamo dentro tutte le capacità e le risorse per farlo.
Sebbene si diffondano sempre più corsi e scuole per diventare “genitori perfetti” o “genitori professionisti”, bisognerebbe puntare, a nostro avviso, non sul passaggio di informazioni, metodi e soluzioni già pronte (che se vanno bene per alcuni, per altri possono risultare assolutamente dannose), ma sulla ricerca al centro di noi stessi di quelle competenze, presenti nel profondo di noi, che ci consentirebbero di porci in ascolto di noi stessi e dei nostri figli, anche di fronte alle situazioni critiche, come “capricci” e richieste eccessive.
Diventare genitori: sbagliare si può
Essere genitori è la sfida più importante che si incontra nel cammino della vita: le difficoltà, i dubbi, sono tappe indispensabili per evolverci e crescere, noi insieme a loro. È necessario pertanto, avere il coraggio di vivere questa esperienza e di accettare i nostri errori: essere genitori è proprio un laboratorio del fare, una continua ristrutturazione tra tentativi ed errori, che però non ci esulano dal poter avere dei punti saldi da cui partire, ed in maniera flessibile adeguarli alle situazioni contingenti.
Essere consapevoli di sé, delle proprie capacità, portare l’attenzione sulle loro reali richieste e fidarsi del proprio intuito può essere l’atteggiamento giusto per connetterci emotivamente con i nostri figli e le nostre figlie. Quando coltiviamo questa consapevolezza entriamo in risonanza con chi ci sta intorno, emanando una luce multisfaccettata: come quando un raggio di sole attraversa il prisma di luce. Riconoscere gli stati d’animo dei nostri figli, entrare in empatia con loro, facendogli sentire il nostro appoggio incondizionato è il miglior modo per educarli ad essere domani adulti equilibrati.
Oltre a soddisfare i bisogni cosiddetti primari dei bambini, quali nutrirli, amarli ed accudirli, essere genitore consapevole richiede un ulteriore impegno su noi stessi, una ricerca interiore filtrata da una visione onesta di chi siamo: non pretendendo la perfezione, accettando anzi il nostro essere genitori imperfetti, pronti ad incontrare i bisogni reali dei nostri figli, direzionando intenzionalmente il nostro agire educativo all’ascolto dell’altro, all’incontro con lui, che altri non è che lo specchio dei genitori: l’unione di due esseri umani che si sono incontrati ed hanno dato vita ad un altro essere unico e completo.
La vita liquida dei nostri giorni
Le difficoltà genitoriali sono sempre più diffuse, i bambini di oggi sembrerebbero più difficili, più tristi, più infelici che mai. Come mai? Gli ultimi decenni sono caratterizzati da un fattore comune: lo stress, la corsa, la “vita liquida”, per citare Bauman. La fretta, la corsa, il volere sempre più hanno connotato gli ultimi anni modificando sensibilmente anche i rapporti sociali: si corre sempre, anche quando ci svegliamo la mattina, si corre e si saltella; i nostri figli sembrano dei piccoli canguri.
Troppa fretta, troppo poco tempo da dedicare all’Ascolto di sé e delle proprie emozioni, coltivando l’amore e il rispetto. Come se non bastasse, nei genitori sorgono mille sensi di colpa, perché il lavoro porta via spesso entrambi per molte ore al giorno ed erroneamente per colmare questo senso di inadeguatezza si attivano due condotte estremamente pericolose: la prima che vede ricoprire di giocattoli, stimoli e pericolosissimi strumenti tecnologici/tv, tablet e smartphone (pericolori non di per sé, ma se usati senza limiti né di orario né di accesso); l’altra condotta fuorviante è quella che per “amore di pace”, in quei pochi momenti in cui si sta insieme, si dice sempre sì a tutto.
Apparentemente e momentaneamente sono forse mezzi efficaci per “zittire” e tenere a bada i figli; invece la reiterazione di queste condotte ha esiti nefasti sullo sviluppo emotivo e biologico dei nostri figli, che la ricerca ha ampiamente dimostrato negli ultimissimi anni. Un atteggiamento ed uno stile autorevole (non autoritario!) sembrerebbero la via migliore per un sano sviluppo cognitivo ed emotivo del bambino.
Le regole fanno bene al cervello
Dare dei confini, delle regole, ed al contempo porsi come genitori capaci di un ascolto autentico, di rispondere con gentile decisione alle loro pulsioni, richieste e bisogni li aiuterebbe nel loro sviluppo globale. Stabilire ruoli e confini attivando connessioni emotive sin da piccolissimi genererebbe un buon sviluppo di tutte le sfere di sviluppo. Osservandoci con onestà, focalizzandoci sul presente, sul qui ed ora, respirando ed ascoltando il nostro cuore, potremo dare quel senso di autorevole contenimento di cui nostro figlio necessita.
Le regole, quindi, fanno bene ai genitori ed ai figli (soprattutto al loro cervello, sin da piccolissimi); di contro il permissivismo eccessivo, il giustificare sempre e comunque ogni loro atteggiamento (“Suvvia, sono bambini”), non promuove affatto la costruzione di legami profondi, né dà loro la possibilità di imparare a regolare le proprie pulsioni ed i propri bisogni. Invece, un buon allenamento emotivo è osservabile in una famiglia in cui i genitori pensano ai figli, si preoccupano per loro e li rispettano; i figli sentono piena fiducia, rispecchiamento, unione, crescendo autonomi ed equilibrati.
Ogni interazione educativa ha, quindi, un’azione modellante e di ristrutturazione dell’encefalo di nostro figlio: empatia, affetto, ascolto, umanità, scolpiscono connessioni, numero e forme di neuroni, dando vita a determinate vie nervose anziché ad altre, grande impulso a queste argomentazioni è stato dato dalla scoperta dei neuroni specchio.